I nuovi stadi non si fanno (senza denaro pubblico)

di Rosario Dello Iacovo

La mancata assegnazione all’Italia degli Europei 2012 oltre a polemiche e complottismi in salsa tricolore, lascia da sciogliere il nodo degli stadi. Gli impianti sono in massima parte vecchi, o costruiti male e ristrutturati peggio durante la grande abbuffata di «Italia 90». Il giro di vite seguito alla morte di Raciti ne ha messo ulteriormente a nudo le carenze strutturali, costringendo molti club ad ospitare numerose partite a porte chiuse. Ma mentre costruttori, amministrazioni locali, federcalcio e presidenti si fregavano le mani in vista dell’assegnazione «certa» degli europei, abbandonandosi spesso e volentieri a polemiche su finanziamenti, ristrutturazioni, costruzioni ex novo e luoghi in cui farle sorgere, è arrivata invece la doccia fredda di monsieur Platini.

Siamo campioni del mondo ma gli europei non si faranno in Italia. Segno evidente che per i vertici Uefa mettere la palla in rete sul campo è cosa diversa dall’assumere gli oneri organizzativi dell’evento. Il calcio italiano assorbe male il colpo, soprattutto dopo aver adottato il famigerato «modello inglese» come panacea di tutti i mali possibili. Salvo scoprire poi, che di quel modello manca la parte centrale: gli impianti e i club disposti a investire risorse per costruirli.

Diversa è la situazione da città a città, ma la parola d’ordine sembra ovunque quella di stringere i cordoni della borsa.
«La città non investirà più un euro sul Delle Alpi» è stato il secco commento del sindaco di Torino Chiamparino. La stessa Juventus, proprietaria dell’impianto grazie a una discussa delibera, appare incerta sull’urgenza di affrontare i costi per adeguare la struttura agli obblighi del decreto Pisanu. Tanto più che quest’anno in B, dove la Juve utilizza l’Olimpico, il tutto esaurito si è registrato solo contro il Napoli e grazie soprattutto all’afflusso di circa cinquemila tifosi partenopei.

A Milano invece il piano di ristrutturazione andrà avanti «come se nulla fosse accaduto» assicurano il consorzio messo in piedi da Inter e Milan, e il Comune. Una volta chiuso il campionato 2006-2007 verrà completata l’installazione dei tornelli e la realizzazione degli spazi per il prefiltraggio. Restano sul vago Zamparini e Pozzo, rispettivamente presidenti di Palermo e Udinese, parlando del progetto dei nuovi stadi che sarebbero realizzati comunque, ma non indicando tempi e modi. Quello che appare certo è che se dovessero sorgere sarebbero strutture dalla capienza ridimensionata rispetto a quelle che attualmente ospitano le partite casalinghe dei due club.

Assicurazioni «sul programma di sviluppo degli impianti sportivi» a Roma vengono fornite dal sindaco Walter Veltroni che garantisce risorse locali per alimentarlo. Nessun commento da Firenze, dove pure l’assessore allo sport Eugenio Giani aveva annunciato un piano di ammodernamento dell’Artemio Franchi per complessivi 25 milioni di euro. A Napoli la situazione più ingarbugliata. Il sindaco Iervolino e l’assessore alle politiche per lo sport Alfredo Ponticelli erano già entrati in rotta di collisione con la Ssc Napoli nelle settimane precedenti annunciando la decisione di costruire un nuovo stadio a Scampìa, sui terreni di alcune caserme concessi dal demanio. «Il Napoli non giocherà mai lì» aveva seccamente ribattuto il patron della società partenopea Aurelio De Laurentiis, forte di una vantaggiosa delibera per l’utilizzo del San Paolo, dove tra l’altro sono stati recentemente installati tornelli in tutti i settori e completati i lavori di prefiltraggio.

Tuttavia se la scelta dell’Uefa fosse ricaduta sull’Italia l’amministrazione cittadina avrebbe avuto qualche possibilità in più per convincere il produttore cinematografico, grazie anche all’interesse espresso da partner privati per il progetto. Difficile invece ipotizzare allo stato attuale che si possa costruire un nuovo impianto, all’interno di una più vasta cittadella dello sport che per la giunta dovrebbe rappresentare un volano di sviluppo per il quartiere cittadino a più alta densità camorristica.

Ma la Iervolino e Ponticelli non si arrendono e hanno ribadito che «che lo stadio si può fare anche senza europei».
Per il presidente Prc della VIII Municipalità Carmine Malinconico «resta il problema dello sviluppo di Napoli nord. Si deve puntare comunque alla realizzazione della cittadella dello sport, non necessariamente un grande stadio per il calcio ma una serie di strutture per gli sport cosiddetti minori assenti non solo nel territorio municipale ma in tutta l’area comunale». Gli fa eco il consigliere della stessa municipalità di Napoli arcobaleno Walter Passeggio per il quale «è centrale la dismissione delle caserme, in un’ottica di smilitarizzazione che vada di pari passo con la creazione di opportunità di lavoro, reddito e servizi».

Il Manifesto 17 aprile 2007